La Regola Del Gioco - Jean Renoir
Né il pubblico, né la maggioranza della critica seppero nel 1939 riconoscere ne La regola del gioco la più ampia e la più lucida espressione di un'epoca condannata. Probabilmente però non fu questa la causa principale del fallimento del film. La storia d'amore valeva quanto un'altra e sarebbe stata sufficiente per decretare il successo dell'impresa se la sceneggiatura avesse rispettato la regola del gioco cinematografico. Renoir aveva voluto realizzare secondo la sua stessa espressione un dramma gaio e questa mescolanza insolita disorientò. D'altra parte, la sua regia prodigiosamente mobile, la sottile ironia delle inquadrature e dei movimenti di macchina, lo stile della fotografia che annunciava in maniera generale la celebre profondità di campo che abbiamo ritrovato in America attraverso Quarto potere (1941) e I migliori anni della nostra vita (1946), sembravano allora delle fantasie buffe ma discutibili.
La regola del gioco - Jean Renoir
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I nove personaggi principali de La regola del gioco hanno un problema sentimentale da risolvere e, siccome il film li scopre alla vigilia di una "crisi", vedremo ognuno di loro comportarsi nel modo più inadeguato. L'unico personaggio sincero, André, provocherà un dramma gaio di cui sarà l'unica vittima per non aver rispettato la "regola del gioco".
La festa al castello è un gioco, ma un gioco la cui regola assurda consiste comunque nel morire d'amore. Roland Toutain, colpito in pieno da una scarica di pallettoni, rotola come il piccolo coniglio che abbiamo visto poco prima agonizzare di fronte agli agguati delle persone di società che giocavano ad uccidere senza correre alcun pericolo.
Nel mondo chiuso ma tutt'altro che armonico de La regola del gioco, il rumore dei cannoni e degli spari costituisce una sorta di flusso quasi continuo, un Grund sonoro, l'immagine fuori campo di un evento in fieri (la guerra), non immediatamente visibile, ma che costituisce il terreno di gioco, per così dire, della messa in scena filmica di Renoir
Sul piano stilistico, La règle du jeu segna il compimento della ricerca renoiriana sullo spazio e sul tempo continui già in atto nei film precedenti. Le vedute attraverso le finestre, l'uso di praticabili, i movimenti di macchina (gru, carrelli, panoramiche), il 'tempo reale', la profondità di campo, trovano in La règle du jeu un compendio di straordinaria efficacia, punteggiato da elementi mediatizzanti quali la trasmissione radio dell'inizio del film, il cannocchiale, il teatro, gli ambienti di passaggio, i corridoi e i saloni. L'insieme di questi indici stilistici, coniugato con il gioco degli attori, definisce una pratica del cinema che a ragione può definirsi 'moderna', poiché invera la tensione, caratteristica della 'modernità' cinematografica, verso l'operazione metalinguistica da un lato e l'apertura del testo nei confronti dei suoi materiali dall'altro. Il referente privilegiato, il luogo per eccellenza dei materiali che il testo lavora diviene così il set, con le dinamiche che vi si producono, non solo tra i personaggi ma anche tra gli attori e tra gli attori e il regista (e tra il film e lo spettatore). È nella sua struttura dunque che La règle du jeu realizza il senso profondo del proprio discorso (l'instabilità dei rapporti e il gioco della rimozione), mettendo in gioco il cinema come processo di scoperta-invenzione del referente e del suo senso. Motivo, questo, che i giovani della Nouvelle vague riprenderanno, coniugandolo con il neorealismo fenomenologico di Rossellini e ponendolo alla radice del loro cinema. 041b061a72